Villa Damaso Bianchi, più comunemente conosciuta come il Minareto, è una villa in stile moresco costruita nel 1912 alla Selva di Fasano (Br) da Damaso Bianchi, un eccentrico pittore nato a Bari nel 1861. Fasanese di adozione, Damaso Bianchi, fu uno dei primi ad interessarsi della tutela del paesaggio boschivo della Selva tanto da meritare l’incarico di ispettore onorario dei monumenti, degli scavi e oggetti d’antichità e d’arte.
Rimasto affascinato dall’Oriente, probabilmente dopo un viaggio in quelle terre, Damaso Bianchi fece realizzare su uno dei luoghi più panoramici della Selva, questa costruzione che curò in ogni dettaglio e chiamò “minareto” per via dell’originale torre che svetta dalla vegetazione e sulla quale, come un muezzin invita alla preghiera, così l’ideatore doveva restare incantato nello scorgere un panorama che a 360° spazia dal mare ad est, per perdersi nella valle del Canale di Pirro sino alle ultime propaggini delle Murge ad Ovest.
Dopo vari tentativi, nel 2003 la Regione Puglia ha concesso in fitto al Comune di Fasano la struttura e sono in corso lavori e progetti per il recupero della villa di cui, purtroppo, poco è rimasto dell’originario sfarzo. Nel 2006 è stato effettuato dal Comune di Fasano un intervento di ripristino dello spazio esterno antistante l’ingresso e vi si sono tenuti alcuni incontri e concerti. Sono in programma interventi di consolidamento e ripristino delle sale interne e della stessa torre che, una volta completati riporteranno il Minareto all’originario splendore.
Sul futuro uso del Minareto è in corso un dibattito e tante sono le idee un contenitore culturale e pinacoteca che ospiti le tele di Damaso Bianchi, attualmente custodite in depositi della pinacoteca provinciale di Bari alla quale furono donate dalla vedova Bianchi.
La struttura della villa si articola su due livelli, un piano terra con aula centrale e ambienti accessori e il piano nobile con loggiati e grandi finestre, dai caratteristici profili orientali. All’edificio principale si affiancano un “minareto”, un luogo di culto di dimensioni minime e una abitazione a trulli per la guardiania e un ampio spazio verde che cinge tutto l’edificio.
Un tempo il giardino doveva restituire un frammento d’Oriente in questo angolo di Murgia, infatti il proprietario fece erigere questo monumento al ritorno da un viaggio in Tunisia, curando nei minimi dettagli la struttura architettonica, l’apparato decorativo e il rapporto con il paesaggio. Fece realizzare pavimenti, infissi e mobilio in Tunisia su sui disegni originali.
L’edificio esprime una sintesi tra culture diverse, coniugando un prezioso dualismo artistico arabo e pugliese, rendendo la struttura un piccolo ma significativo esempio di architettura orientale in Occidente.
fonti: Associazione Pro Selva, prof.sa Maria De Mola, wikipedia
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